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Località Palmas - 09010 San Giovanni Suergiu (SU)

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Chiesa di Santa Maria di Palmas

Tra le costruzioni della prima fase dell’architettura romanica in Sardegna si annovera la chiesetta di Santa Maria di Palmas (Località Palmas nei pressi della SS 195, poco dopo il ponte sul rio Palmas.), ricordata per la prima volta nelle fonti documentarie nel 1066, quando il giudice di Càlari Orzocco-Torcotorio I de Lacon-Gunale ne fece dono ai monaci Cassinesi, insieme ad altri cinque titoli, fra i quali la non lontana chiesa di Santa Marta a Villarios.

La costruzione dell’edificio si suole ricondurre ai primi decenni dell’XI secolo, probabilmente al primo ventennio.

Secondo alcuni studiosi la chiesa sarebbe stata donata nel 1089 ai monaci Vittorini di Marsiglia, ma non tutti sono concordi: l’ipotesi più verosimile è infatti che il titolo ricordato dalle fonti sia da identificare con un monumento omonimo situato nella curatoria del Campidano.

La chiesa sulcitana è invece sicuramente quella ricordata sulla porta bronzea dell’abbazia di Montecassino, ove tre formelle dell’anta destra recano inciso l’elenco delle chiese possedute dai Cassinesi durante gli anni dell’abate Oderisio II, tra il 1123 e il 1126. Realizzato in conci calcarei e trachitici, l’edificio è costituito da un’aula mononavata con l’abside rivolta a nordovest e impostata su un basso zoccolo.

 

Il fianco settentrionale è scandito da larghe paraste d’angolo, mentre tre semicolonne suddividono l’abside in specchi asimmetrici, dove si trovano due monofore; la base della semicolonna sinistra, a differenza del resto dell’edificio, è in tufo verdognolo.

 

La facciata a capanna, molto semplice, è conservata nella sua fase romanica fino a circa due terzi dell’altezza, mentre la parte soprastante con il campanile a vela è da ascrivere ad un rimaneggiamento del XVIII secolo, testimoniato anche dal rosone reniforme, così come i filari superiori dei muri perimetrali.

 

Il monumento, dopo l’abbandono del paese trasferito, in altra sede, cadde in rovina sino al 1996 quando venne restituito al culto ed alla collettività, grazie all’impegno di Don Nicolino Vacca, appassionato studioso della storia locale, che tanto si spese per restituire al monumento la dignità storica, architettonica ed artistica.

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