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Località Palmas - 09010 San Giovanni Suergiu SU
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Centrale elettrica Santa Caterina
Entrata in funzione nel 1939, la centrale di Santa Caterina è uno degli esempi più significativi di archeologia industriale del Sulcis e testimone efficace dello sviluppo industriale di questa regione nella prima metà del ‘900.
Negli anni della seconda guerra mondiale la centrale, mediante la combustione del carbone proveniente da Serbariu, polverizzato in loco da un frantoio, fornì energia non solo al complesso minerario sulcitano ma perfino all’area di Cagliari, attraverso un’apposita rete di collegamento.
La centrale rimase in uso fino al 1963 e definitivamente dismessa nel 1965, anche se alcune strutture ospitarono fino al 1985 la “Stazione sperimentale per le ricerche sugli isolamenti con inquinamento di tipo salino” dell’ENEL.
La sua collocazione fu determinata principalmente dalla vicinanza alle acque della laguna, impiegate per il funzionamento e raffreddamento delle macchine.
Il complesso era costituito da tre principali corpi di fabbrica, all’interno dei quali trovavano posto i generatori di vapore, i distillatori di acqua marina con le pompe di alimento, i turbo-alternatori e i quadri da 5 KV. Di queste strumentazioni non si conserva oggi purtroppo più molto, sebbene l’acquisizione della struttura alcuni anni fa da parte del Comune di San Giovanni Suergiu e la conseguente chiusura dell’area abbiano contribuito a preservare ciò che rimane.
Di sicuro interesse è l’architettura dell’edificio principale, costituito da tre corpi di altezze differenti. Un ulteriore elemento di interesse di questo complesso riguarda le strutture complementari che si trovano nell’area circostante la centrale vera e propria.
Ad alcune centinaia di metri dall’area, si trovano alcune palazzine destinate originariamente ad ospitare il capo centrale e i capi turno e, in seguito, operai ed impiegati; il loro abbandono risale alla metà degli anni ’80.
Nello stesso periodo fu costruito e avviato anche uno dei primi impianti sperimentali di energia eolica, in uno dei siti più esposti al vento (in particolare al maestrale) dell’intero continente europeo, ma dopo pochi anni venne anch’esso abbandonato.
L’interno della struttura non è purtroppo accessibile, in quanto gli ingressi e le finestre sono stati murati per ragioni di sicurezza.
